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Lo Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige

Origini ed evoluzione dell’attuale sistema autonomistico

L’autonomia del Trentino-Alto Adige, da un punto di vista giuridico, si è formata negli anni ed è fondata su diversi atti normativi: l’Accordo di Parigi del 1946, la Costituzione repubblicana del 1948, il primo Statuto speciale di autonomia (approvato con la legge costituzionale 5/1948), il secondo Statuto speciale (approvato con la legge costituzionale 1/1971, seguita dalla pubblicazione del testo unico del nuovo Statuto – contenente sia le norme del primo Statuto ancora valide, sia le nuove norme – attuata con D.P.R. 670/1972), le norme di attuazione emanate negli anni ed infine le due ultime riforme adottate rispettivamente con le leggi costituzionali 2/2001 e 3/2001.

L’attuale Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è entrato in vigore nel 1972 ed ha modificato il primo Statuto speciale del 1948, trasferendo la maggior parte delle competenze inizialmente attribuite alla Regione alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Le due Province sono, tra gli enti ad autonomia differenziata, quelli che hanno maggiormente attuato le potenzialità di autogoverno concesse dal proprio Statuto: dal 1973 ad oggi, sulla base di un confronto con esse, sono state infatti approvate dal governo nazionale (inizialmente sotto forma di decreto del Presidente della Repubblica ed in seguito di decreto legislativo) ben 146 normative di attuazione dello Statuto. Il previo dialogo tra le parti coinvolte (enti locali e Stato centrale) è essenziale: l’esperienza ha infatti dimostrato che eventuali modifiche statutarie non sarebbero concretamente attuabili senza la consultazione della Regione interessata e delle relative forze politiche locali. Lo Statuto del Trentino-Alto Adige, così come quello di altri enti ad autonomia differenziata (ad eccezione della Sicilia) può, in alcune specifiche parti, essere emendato con legge ordinaria dello Stato, previo accordo con la Regione o con le due Province. Il carattere costituzionale dello Statuto rappresenta in effetti al tempo stesso una garanzia ma anche una rigidità quindi, per un più semplice e rapido adeguamento, l’art. 104 St. prevede che le norme finanziarie del titolo VI dello Statuto e quelle dell’art. 13 che disciplinano le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico possano essere modificate dallo Stato con legge ordinaria da emanarsi solo “su concorde richiesta del governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione o delle due Province”.

Molte delle modifiche introdotte nel secondo Statuto accolgono i contenuti del Pacchetto di misure a favore della popolazione dell’Alto Adige: un complesso di norme (approvate nel 1969 dal Parlamento italiano e, dopo pochi giorni, anche da quello austriaco) che lo Stato italiano si impegnò ad attuare e che furono elaborate nelle loro linee essenziali dalla “Commissione dei 19” tra il 1961 ed il 1964, ed in seguito nelle trattative tra governo italiano ed austriaco e tra governo italiano e popolazione altoatesina. Il “Pacchetto” è costituito da 137 misure a tutela della popolazione sudtirolese, da attuarsi con apposite norme: delle 137 previste, 97 misure sono state attuate con la modifica del primo Statuto avvenuta nel 1972, 8 attraverso norme attuative dello stesso Statuto, 15 con leggi ordinarie statali (di queste ben 13 sono contenute nella legge 118/1972), 9 con provvedimenti amministrativi mentre le restanti 8 sono precisazioni a singole misure ed ulteriori garanzie interne. Sono quindi seguite un complesso di altre riforme legislative, spesso adottate con norme attuative dello Statuto, il cui contenuto è stato solitamente predisposto da un organo paritetico (le Commissioni dei 12 e dei 6).

Queste misure, seppur formalmente adottate unilateralmente dallo Stato italiano, sono sostanzialmente attuative dell’Accordo di Parigi, che costituisce – anche se in forma semplificata – un trattato internazionale, dunque risultano garantite anche sul piano internazionale, con conseguente possibilità di denuncia di eventuali violazioni da parte austriaca e, teoricamente, anche dagli altri firmatari del Trattato di Pace. Questo si desume dal secondo comma dell’art. 1 del decreto legislativo 266/1992, dove si afferma che le disposizioni del decreto stesso relative al rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, e quelle relative alla potestà statale di indirizzo e coordinamento “sono poste ad ulteriore garanzia della speciale autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano, fondata sullo Statuto speciale e ricollegantesi all’Accordo concluso a Parigi il 5 settembre 1946, che prevede l’esercizio di un potere legislativo ed amministrativo autonomo anche a tutela delle minoranze linguistiche”.

L’ultima importante riforma dello Statuto è stata effettuata con la legge costituzionale 2/2001 (contenente disposizioni concernenti l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano) che per il Trentino-Alto Adige/Südtirol disciplina l’elezione diretta dei Presidenti delle due Province, il sistema di governo, la legislazione elettorale e la composizione e la costituzione degli organi politici territoriali di vertice; considera inoltre il Consiglio regionale come unione dei due Consigli provinciali (mentre precedentemente erano questi ultimi il risultato di una divisione dell’assemblea regionale).

Novità rilevanti sono state inoltre introdotte anche in Trentino-Alto Adige con la legge costituzionale 3/2001, tramite la quale sono state rinnovate sia la posizione delle Regioni a Statuto ordinario, sia i rapporti delle stesse con lo Stato. Ai sensi dell’art. 10 della legge in oggetto, le nuove disposizioni si devono applicare anche alle Regioni a Statuto speciale ed alle Province di Trento e Bolzano “per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”. Questo significa che la disciplina dell’ordinamento e delle attività della Regione e delle Province va individuata di volta in volta nello Statuto o nella nuova legge costituzionale in base alla misura dell’autonomia da essi rispettivamente concessa. La legge costituzionale 2/2001 precisa comunque all’art. 4 che per eventuali ulteriori “modificazioni del presente Statuto si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali”, quindi i cambiamenti delle norme statutarie possono essere effettuati solo attraverso la procedura aggravata di cui all’art. 138 Cost.

L’art. 103 St. prevede inoltre che “L’iniziativa per le modificazioni del presente Statuto appartiene anche al Consiglio regionale su proposta del Consiglio delle Province autonome di Trento e di Bolzano e successiva conforme deliberazione del Consiglio regionale”. In sostanza sono le Province che hanno la facoltà di promuovere modifiche dello Statuto, anche nel caso in cui le nuove norme dovessero riguardare unicamente la Regione, ma l’iniziativa legislativa deve in ogni caso essere deliberata dal Consiglio regionale, motivo per cui essa può essere esercitata solo se tra le Province intercorre un accordo in tal senso, visto che la maggioranza del Consiglio regionale può essere raggiunta solo con la partecipazione dei membri di entrambe. Sempre in base all’art. 103 St., nel caso in cui le modifiche dello Statuto siano proposte dal governo o da membri del Parlamento, devono essere comunicate al Consiglio della Regione e delle Province, che entro due mesi sono tenuti ad esprimere il proprio parere. Una volta approvate, le modifiche dello Statuto non possono essere sottoposte al referendum nazionale previsto dall’art. 138 Cost.

Costantemente negli ultimi decenni, in conformità alla concezione di un’autonomia non statica ma dinamica, cioè volta ad una progressiva espansione dell’esercizio dell’autogoverno, sono state conferite alle Province di Trento e di Bolzano ulteriori competenze, normalmente in forma di delega, oltre ad integrare ed aggiornare le norme di attuazione già emanate. Il processo di ampliamento dell’autonomia è in corso e il confronto con lo Stato in merito al trasferimento alle Province di ulteriori competenze, quali ad esempio quelle relative alle agenzie fiscali o all’amministrazione della giustizia, si svolge attualmente nelle sedi a ciò deputate.

Le norme di attuazione dello Statuto

L’art. 107 St. prevede l’emanazione delle norme di attuazione, previste anche negli Statuti delle altre Regioni ad autonomia differenziata, che attualmente vengono approvate con dei decreti legislativi che vantano caratteristiche particolari per la procedura prevista per la loro entrata in vigore. Prima dell’emanazione dei decreti deve infatti essere sentita la “Commissione dei 12”, composta per l’appunto da dodici membri, di cui sei in rappresentanza dello Stato, due del Consiglio regionale, due del Consiglio provinciale di Trento e due di quello di Bolzano. Tre dei dodici membri devono appartenere al gruppo linguistico tedesco. Qualora le norme riguardino “materie attribuite alla competenza della Provincia di Bolzano”, cioè materie che si presume riguardino i rapporti o la tutela dei gruppi etnici, per il secondo comma del medesimo articolo deve essere sentita anche una diversa commissione, la “Commissione dei 6”, costituita all’interno della precedente, composta da sei membri di cui tre in rappresentanza dello Stato e tre della Provincia di Bolzano. Discusse le rispettive proposte di legge, entrambe le Commissioni sono tenute ad esprimere il proprio parere obbligatorio, non vincolante ma assai rilevante anche da un punto di vista politico.

Fino al 1988 le norme di attuazione sono state emanate con decreti del Presidente della Repubblica, poiché sottoposte al controllo della Corte dei Conti; soppresso l’intervento della Corte con legge 400/1988, le successive norme di attuazione sono state emanate nella forma di decreti legislativi. La mancata emanazione delle norme di attuazione, in linea teorica, non impedisce l’attuazione dello Statuto, ad eccezione dei casi in cui tale attuazione ne sia inevitabilmente subordinata. Per quanto riguarda il rango delle norme di attuazione, data la loro finalità e la procedura di emanazione, non possono certamente essere considerate costituzionali e devono quindi conformarsi sia alla Costituzione che allo Statuto. Tuttavia, non possono neppure essere considerate a tutti gli effetti come delle leggi ordinarie; esse vanno piuttosto collocate in una posizione intermedia tra norme costituzionali e leggi ordinarie di Stato, Regioni e Province, dal momento che le leggi ordinarie devono adeguarsi, oltre che alla Costituzione e allo Statuto, anche alle norme di attuazione, la cui inosservanza ne comporterebbe l’illegittimità. Data la loro finalità, è da ritenersi che qualora venissero modificate o abrogate le disposizioni dello Statuto per le quali sono state adottate le norme di attuazione, anche queste ultime dovrebbero essere a loro volta modificate o abrogate.

La potestà legislativa ed amministrativa

La più importante potestà della Regione e delle due Province è indubbiamente quella legislativa, con la quale viene concretamente attuata la specialità dell’autonomia tramite la disciplina delle materie attribuite alla loro competenza. La Regione e le Province possono emanare unicamente “leggi”: non vi è disposizione dello Statuto che ammetta decreti legge o decreti legislativi.

Con riferimento alla Regione, la tipologia dei decreti non è prevista dall’art. 26 St., che attribuisce al Consiglio regionale la potestà legislativa, ma non prevede alcuna facoltà di delegarla alla Giunta. L’art. 46 St. consente invece al Consiglio di delegare alla Giunta regionale lo svolgimento di proprie funzioni “ad eccezione dell’emanazione di provvedimenti legislativi”; ne consegue che la Giunta può adottare, in caso di urgenza in sostituzione del Consiglio ai sensi dell’art. 44 St., solo atti amministrativi.

Anche per quanto concerne le Province non v’è ragione per attribuire alle Giunte provinciali la facoltà di emanare decreti legge e decreti legislativi: l’art. 54 St., nel definirne le competenze, non riconosce alle Giunte provinciali alcun potere di varare normative di rango legislativo. In base allo stesso articolo alla Giunta in verità è consentita “l’adozione, in caso di urgenza, di provvedimenti di competenza del Consiglio da sottoporsi per la ratifica al Consiglio stesso nella sua prima seduta successiva”, ma la norma non può che riferirsi ad atti amministrativi, visto che i termini sono uguali alla disposizione di cui all’art. 44 St. Questa interpretazione è stata del resto ratificata in più sentenze dalla stessa Corte Costituzionale.

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province di Trento e Bolzano hanno competenza legislativa esclusiva (o primaria) e concorrente (o secondaria) secondo quanto previsto rispettivamente dagli artt. 4, 5, 8 e 9 dallo Statuto (i primi due articoli si riferiscono alla Regione, gli ultimi due alle Province). Le Province sono inoltre dotate della potestà di emanare norme legislative integrative in materia di collocamento e di avviamento al lavoro. Inoltre, in base al combinato disposto dell’art. 10 della legge costituzionale 3/2001 e dell’art. 117 Cost., le Province autonome beneficiano delle ulteriori competenze residuali previste dallo stesso art. 117 per le Regioni ordinarie e non previste dallo Statuto.

A tenore dell’art. 16 St. “nelle materie e nei limiti entro cui la Regione e le Province possono emanare norme legislative, le relative potestà amministrative sono esercitate rispettivamente dalla Regione e dalle Province”; in sostanza, le potestà amministrative della Provincia coincidono in linea di massima con le sue potestà legislative, quindi nelle materie (e nei limiti) in cui la Provincia può legiferare, essa può anche portare ad esecuzione le proprie leggi. Lo Stato può inoltre delegare alla Regione, alle Province e ad altri enti pubblici locali, funzioni proprie della sua amministrazione. Accanto a questo principio di “parallelismo” tra competenze legislative ed amministrative, vi sono altresì potestà amministrative minori, che vengono attribuite o delegate alle Province da svariati articoli dello Statuto, nonché da leggi statali e da norme di attuazione dello Statuto. Con la riforma costituzionale del 2001 è stato emendato l’art. 118 Cost., che nella nuova formulazione dispone che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”; questa modifica sembra dunque andare ad incidere anche sul principio statutario del “parallelismo” tra legislazione ed amministrazione, generando conseguenze ancora in evoluzione.